Città di Castello, patria del geniale Alberto Burri, può fregiarsi del titolo di vera e propria Capitale dell’Arte Contemporanea; il centenario di questo vulcanico ed imprevedibile grande” maestro” nel 2015 ha visto New York e il Guggenheim Museum schierarsi tra i grandi sostenitori della sua innovativa visione artistica.
Alberto Burri,infatti, può essere considerato tra gli artisti più affascinati della scena internazionale nel dopoguerra: le sue opere sono presenti nei musei più importanti al mondo, dalla Tate Gallery a Londra al Guggenheim Museum di New York.
Tuttavia Burri è, almeno per quanto riguarda l’Italia, ancora da scoprire o, al limite, da riscoprire.
La complessità della sua visione ed insieme la ferma lucidità del suo messaggio sono elementi che mi hanno sempre attratto verso le sue opere: dai famosi “Sacchi”,che hanno fatto gridare allo scandalo e lo hanno reso celebre, fino ai monumentali “Cretti” e ai Cicli Pittorici degli Ex-Seccatoi di Tabacco, un filo conduttore unico attraversa la sua produzione. Lui stesso riferendosi alla sua opera aveva detto: “L’ultimo dei miei quadri è uguale al primo” sapendo che nessuno, di fronte a quell’ansia di sperimentazione e di ricerca, lo avrebbe mai potuto tacciare di ripetere se stesso.
Molti dei suoi estimatori avranno, certo, trovato alquanto singolare la scelta di fare della sua città natale, Città di Castello, così isolata e distante rispetto alle correnti artistiche più innovative, il luogo d’elezione per dar vita alla sua visione, nella sua completezza ed in ogni sua declinazione: in questo angolo dell’Umbria, Burri, tuttavia, ha fermamente voluto riunire e curare l’allestimento della sua produzione; l’opera d’altra parte, appartiene al luogo in cui vive trasformando il binomio contenitore-contenuto in un’unica apparizione.
Burri sentiva come una necessità stringente il legame con la sua terra natale; così la collezione allestita dallo stesso Burri nel quattrocentesco palazzo Albizzini, nel cuore di Città di Castello, ci accompagna con successione cronologica attraverso le diverse sperimentazioni – Burri demiurgo della materia nelle sue diverse apparizioni per riscattarne l’umiltà e liberarla: le Muffe, i Sacchi, i Gobbi, i Ferri, i Legni, la plastica combusta per arrivare ai Cretti e ai Cellotex.
Gli Ex-seccatoi – preveggente esempio di riutilizzo di una struttura “industriale” – sono loro stessi una grande opera d’arte che contiene quei cicli pittorici che testimoniano il profondo legame tra Burri e quell’Umbria che aveva ospitato Giotto, Cimabue, i maestri senesi nel grande cantiere della Basilica di San Francesco ad Assisi.
E’ con un certo orgoglio che vedo in questa terra, l’Umbria, l’impronta di quegli artisti che l’hanno eletta a luogo di bellezza e di un ideale estetico leggibile nelle sue città e nel suo paesaggio come nei suoi musei.
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Ambra Antonelli
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